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L'osso è un tessuto connettivo specializzato che si indurisce attraverso la mineralizzazione con cristalli di idrossiapatite, permettendo allo scheletro di sostenere le forze meccaniche a cui è sottoposto.
Il tessuto osseo è costantemente rimodellato nel corso della vita dagli osteoblasti e dagli osteoclasti, cellule specifiche le cui azioni sono finemente regolate sia a livello centrale che a livello periferico. Le molecole rilasciate dalla loro attività sono note come marcatori del turnover osseo. Questi si suddividono in marcatori di formazione ossea o di riassorbimento osseo, a seconda del loro ruolo nel processo di turnover osseo.
Le patologie che colpiscono il metabolismo osseo danno luogo alle malattie metaboliche dell'osso. Le più frequenti sono l’osteoporosi, l’osteomalacia e la malattia di Paget.
Durante il riassorbimento osseo, la degradazione del collagene di tipo I da parte degli osteoclasti porta alla formazione di telopeptidi C-terminali (CTX-I), frammenti di collagene di tipo I che poi raggiungono il flusso sanguigno. I livelli di CTX-I e di fosfatasi acida tartrato resistente (TRAcP 5b) possono essere utilizzati come marcatori di riassorbimento osseo.
Per valutare l’attività degli osteoblasti possono essere utilizzati come marcatori di formazione ossea l’osteocalcina, la fosfatasi alcalina ossea (BAP) e il propeptide N-terminale (P1NP).
Le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo di CTX-I e P1NP per il monitoraggio dei trattamenti farmacologici contro l’osteoporosi. L’utilizzo dei marcatori di turnover permette di valutare l’aderenza dei pazienti alla terapia con tempistiche più brevi rispetto alla densitometria ossea.
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